venerdì 21 marzo 2014

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La Recensione di Inert su Ithink Magazine

Recensione: INERT PROJECT - HeartburnPDFStampaEmail
Domenica 09 Marzo 2014 09:25
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Il disco d'esordio degli Inert Project nasce nel bel mezzo di strane triangolazioni geografiche tra Toscana, New York e Puglia. L'ensemble, che gravita intorno al duo composto da Raffaele Cileo e Alessio Lottero, dà vita a un lavoro che sembra impostato, non solo geograficamente, su una sorta di baricentro a geometria variabile che rende i 45 minuti di Heartburn una lunga e godibilissima jam-session ispirata dalle colonne sonore dei film di exploitation.
Un calderone sfaccettato e ad alta densità in cui a farla da padrone è spesso l'elemento tipicamente black rifiltrato alla luce delle più disparate esperienze elettroniche degli ultimi decenni, tra Jaga Jazzist e Badbadnotgooddiciamo, con funk e jazz che vanno a collidere di volta in volta con le intuizioni più diverse, che siano scampoli di southern rock (Bad Strings), palpitazioni industrial (Land Of Liars, Thieves And Bitches) o languori trip-hop (Japanese Whale).
Operazione rischiosa sulla carta, che i nostri affrontano lanciandosi a rotta di collo con un dinamismo e una foga fuori dal comune. Non c'è mai uno spazio vuoto, una pausa, che il gruppo non riesce a riempire con qualche fantasioso spunto, e su una sezione ritmica sempre ben presente, fraseggi di sax, gorgoglii di basso e programming si rincorrono senza soluzione di continuità dando corpo e sostanza a una materia magmatica e caleidoscopica.
Un lavoro fresco e coinvolgente, che nei momenti migliori sembra ricordare un Nils Petter Molvær dopo un'overdose di Shaft in tv (non il remake), e prendete la cosa come una menzione d'onore per la sezione fiati, o dei Red Snapperpiù jazzosi e organici.
Certo, qualche volta tutto il bailamme gira pericolosamente a vuoto, e qualche limatura qui e lì non farebbe male, ma tutto sommato abbiamo a che fare con un ottimo e interessantissimo debutto.


FRANCESCO CAPUTO